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La Sala da Ballo
La prima notizia sulla sala da ballo è data dal Meduna in una lettera del
1856, facente parte del carteggio intercorso tra l’architetto e il conte Revedin
pubblicato da Giampaolo Bordignon Favero (1958), dove si parla delle
centine per le finestre della sala, il che porta a datare la sua erezione attorno
a questa epoca.
Con una soluzione innovatrice di spirito romantico, Giovan Battista Meduna
ubicò la sala all’estremità dell’ala a est della villa e per di più al piano terra
con due dei lati aperti sul parco, ponendola a diretto contatto con la natura
circostante.
Non a caso il primo progetto del parco risalente al 1852 spetta, anche se
non realizzato, al Meduna, come si apprende dalla citata fonte epistolare.
Quindi sulla sala cade il silenzio fino a quando nel 1865 il dottore Trevisan,
nel sonetto scritto in occasione dell’inaugurazione della sala da ballo di villa
Revedin, elogia l’opera pittorica di Giacomo Casa. Artista nativo da
Conegliano (1827 - 1876), formatosi a Venezia all’Accademia, patriota, fu
particolarmente dedito nella città lagunare alla decorazione di celebri caffè,
di teatri, come la Fenice, e di palazzi patrizi.
L’attribuzione al Casa non fu mai messa in dubbio, soltanto rimangono degli
interrogativi sull’eventuale intervento del Meduna, in quanto sono assegnati
all’architetto veneziano due noti bozzetti per la decorazione pittorica della
sala da ballo di villa Revedin, ma questi, come ha notato il Bordignon Favero
(1958), presentano una evidente differenza stilistica e compositiva rispetto
all’esistente decorazione.
Per cui, alla luce delle nostre conoscenze, si può solo ipotizzare che il Casa
si sia servito della trama tracciata dal Meduna per rielaborarla in formule più
lineari e introducendovi l’elemento umano.
Resta, nondimeno, fermo che la scelta iconografica per le pareti risponde a
un’idea nuova, in quanto è realisticamente ispirata a un ballo in una raffinata
dimora campestre, in pieno accordo con la funzione e l’ubicazione della
stessa sala.
Tanto che potrebbe anche esservi sottinteso un intento celebrativo del
committente, il conte Francesco Revedin.